Peptidi biomimetici in cosmesi, attivi tecnologici di moderna concezione

Negli ultimi anni sentiamo parlare sempre più spesso di cosmetici funzionali, formulati con attivi tecnologici in grado di agire sulla cute a vari livelli stimolando, inibendo o riproducendo meccanismi endogeni. Tra questi attivi troviamo molecole ad azione mirata definite “peptidi biomimetici”. Si tratta di brevi sequenze aminoacidiche di 3, 4 massimo 8 aminoacidi in grado di “mimare” la parte attiva di una proteina cutanea. Sono molecole di piccole dimensioni, e questo ne favorisce il passaggio attraverso lo strato epidermico, ma sono idrofile e, dato che la via principale di assorbimento cutaneo è quella intercellulare, i peptidi devono essere resi lipofili poiché tali spazi non sono liberi ma occupati da ceramidi e altri lipidi. Le piccole sequenze aminoacidiche sono per questo motivo legate a un gruppo “palmitoyl” o “acetyl” che ne aumenta la lipofilia, oppure sono veicolate all’interno di liposomi.

In cosmesi, i peptidi biomimetici trovano un ampio utilizzo nell’antiage, ad esempio alcuni sono in grado di stimolare i fibroblasti, ovvero le cellule del derma, a produrre le molecole strutturali collagene ed elastina che diminuiscono con l’età. In particolare, su analisi in vitro in colture cellulari, si evidenzia la capacità di indurre la sintesi di collagene di tipo I, la molecola delle “pelli giovani” per intenderci. Altri peptidi stimolano il recettore EGFR (epidermal growth factor receptor), e quindi promuovono la crescita cellulare epidermica, oppure agiscono da inibitori enzimatici ostacolando l’azione degli enzimi cutanei chiamati metalloproteinasi, in grado di degradare collagene, elastina e acido ialuronico. Poi vi è una categoria molto di moda e nota con il nome “botox like”, di peptidi capaci di attivare una micro decontratturazione dei muscoli mimici ostacolando la liberazione di acetilcolina, indispensabile per la comunicazione tra nervo e muscolo per indurre la contrazione.

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