Cosmeceutici (Puntoeffe luglio 2024)

Cosmeceutici, cosa sono e come si collocano a livello legislativo.

La Legislazione Europea in tema di cosmetici è molto articolata e precisa e, dalla definizione di cosmetico del Regolamento 1223/2009, emerge che questa categoria di prodotti per uso cutaneo non può avere attività biologica ma unicamente funzionale. E qui si va subito in attrito con certi cosmetici particolarmente attivi, come gli antiage rassodanti rimpolpanti oppure gli anticellulite, per i quali si richiede una funzionalità oltre l’epidermide. Alcuni parlano infatti di cosmeceutici, ovvero di preparazioni topiche vendute come cosmetici ma con caratteristiche prestazionali che suggeriscono un’azione farmaceutica. Ma i cosmeceutici, come categoria di prodotti topici, non è definita dal Regolatorio Cosmetico e men che meno trova una posizione in ambito farmaceutico.

Il primo a parlare di cosmeceutici fu il celeberrimo dermatologo Dr. Albert Kligman dell’Università della Pennsylvania nel 1984 per descrivere una categoria ibrida di prodotti a metà strada tra «cosmetici e farmaceutici». Ha coniato questo termine nel periodo cruciale della sperimentazione di Kligman sugli effetti antietà della tretinoina.

Il termine cosmeceutico è entrato nel linguaggio comune ma ancora, a distanza di quasi quattro decenni dopo aver coniato il termine, questa categoria di prodotti per la cura della pelle non è ancora formalmente riconosciuta dall’United States Food e Drug Administration (US-FDA) e nemmeno dall’Unione Europea.

Le autorità giapponesi rilevano che molti prodotti per la cura della pelle non si qualificano né come farmaci puri né come cosmetici puri in senso tradizionale, ma come un mix dei due, e li chiamano “quasi-farmaci”; gli effetti sono lievi e la sicurezza dei prodotti è stata dimostrata.

Il cosmeceutico in pratica è «Una preparazione topica che viene venduta come cosmetico ma ha caratteristiche prestazionali che suggeriscono un’azione farmaceutica».

Si può anche dire che un cosmeceutico è un prodotto cosmetico che si presume abbia un’azione topica in grado di influenzare positivamente la pelle oltre il tempo della sua applicazione.

Possibili classi di cosmeceutici sono gli antietà in generale, i prodotti per il trattamento dei disturbi della pigmentazione come il melasma o discromie, gli antiforfora, gli anticellulite, gli antitraspiranti, i preparati per la prevenzione della caduta dei capelli e la ricrescita.

Antitraspiranti, shampoo antiforfora e creme solari sarebbero tutti cosmeceutici. Negli Stati Uniti sono regolamentati come farmaci mentre in Europa come cosmetici. In Europa e Giappone, i cosmeceutici sono una sottoclasse di cosmetici, negli Stati Uniti, invece, i cosmeceutici possono essere considerati solo come una sottoclasse di farmaci.

Sarebbe auspicabile un “aggiornamento legislativo” nel senso di definire questa categoria tramite protocolli precisi che dovrebbero comprendere:

. gli studi clinici con risultati adeguati per dimostrare l’attività prevista del cosmeceutico per il trattamento del particolare disturbo cutaneo minore o “condizione”, e

. la garanzia dei requisiti di sicurezza ottimali e che non vi siano effetti collaterali.

In pratica sarebbe importante definire l’attività, che deve essere misurabile, e la sicurezza.

Il cosmeceutico quindi:

  1. Ha attività farmaceutica utilizzabile su pelle normale o quasi normale.
  2. Dovrebbe possedere un beneficio definito per i disturbi cutanei minori (indicazione cosmetica). 3. Deve avere un profilo di rischio molto basso.

Secondo la Dott.ssa Draelos: “I limiti governativi delle dichiarazioni di efficacia limitano lo sviluppo cosmeceutico perché i prodotti possono essere valutati solo in termini di capacità di migliorare l’aspetto della pelle ma non la funzione. Il miglioramento della funzione eliminerebbe il cosmeceutico dalla categoria dei cosmetici e lo collocherebbe nella categoria dei farmaci.

Qui sta la sfida per definire la categoria cosmeceutica” (1)

Il Dott. Gisberto Caccia, chimico farmaceutico, docente di chimica e cosmetologia già intervistato nell’articolo precedente lancia una provocazione: “siamo sicuri che il cosmetico così com’è definito dalla Legge, ovvero un prodotto che si occupa esclusivamente degli strati più superficiali della pelle, non generi ricadute sullo stato di salute e benessere cutaneo?

Ragioniamo insieme: nessuno ha difficoltà a pensare che un antinfiammatorio sia un farmaco e che l’infiammazione sia un meccanismo di difesa che si innesca ogni volta che, all’interno dell’organismo, qualcosa non va per il verso giusto. Quello che non è proprio di dominio pubblico è che la disidratazione porta ad uno stato infiammatorio cronico, latente e subclinico (2) che, se reiterato nel tempo, porta ad inestetismi ed è anche alleato di patologie vere e proprie come la dermatite atopica (3) o la psoriasi 4); se a questo aggiungiamo che la vera responsabile della tutela del patrimonio idrico della pelle è la barriera cutanea (cioè lo strato corneo), è facile intuire che un buon approccio cosmetico rappresenti il miglior strumento per porre un contributo al miglioramento di questi stati. In soldoni, esiste il cosmeceutico? Sì! Qual è il primo che mi viene in mente? Un’ottima crema idratante che, prendendosi cura dell’idratazione mediante il ripristino della funzione di barriera, va a sottrarre da uno stato infiammatorio cutaneo il contributo dato dalla disidratazione.”

Secondo quest’ultima considerazione il confine tra cosmetico e cosmeceutico si fa sempre più sottile ed è quindi importante prenderne atto e trattare i prodotti per la pelle con un occhio differente e soprattutto è fondamentale la corretta formazione in termini di conoscenza degli attivi e della funzionalità. Appare sempre più evidente una discrepanza tra la definizione legislativa di cosmetico e la reale attività / efficacia cutanea. Da cosmetologa auspico un aggiornamento legislativo che comprenda una definizione più ampia che mantenga gli aspetti di sicurezza sempre in primo piano.

Cosmeceutici 7 2024